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Testa o Croce? L’anti-western che spiazza e diventa una storia al femminile

Testa o Croce? L’anti-western che spiazza e diventa una storia al femminile

Buffalo Bill, che ha le sembianze di John C. Reilly, esce orgoglioso a cavallo da un fondale che richiama gli scenari del vecchio west americano, ma che è dichiaratamente un sipario, una quinta teatrale. E mentre mette in scena le sue gesta, quelle che lo hanno reso famoso al di là e al di qua dell’oceano, le racconta, è anche il narratore di se stesso. È già da questi particolari che capiamo che Testa o Croce? ci parla di realtà e finzione, di verità e mistificazione, di comunicazione e di reputazione. Testa o Croce? di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis è stato presentato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, dove ha ricevuto plausi e consensi quasi all’unanimità. Quello dei due registi italiani è davvero un grande film: cattura, conquista, e poi sorprende, spiazza, prende lo spettatore e lo porta dove non si aspetta. È questo che ci aspettiamo dal cinema. Arriva nelle nostre sale il 2 ottobre: non perdetelo

Testa o Croce? prende spunto da una storia che sembra incredibile. E invece, a quanto pare, è vera. Gli spettacoli itineranti di Buffalo Bill, leggendario cowboy di tanti racconti western, arrivarono davvero in Italia a fine Ottocento. La leggenda vuole che i nostri butteri, chiamati a gareggiare, sconfissero i cowboy. Buffalo Bill (John C. Reilly) sfida il buttero Santino (Alessandro Borghi) nella doma di un cavallo selvaggio, e perde. Poco dopo, nelle stalle, Rosa (Nadia Tereszkiewicz) uccide il ricco marito per evitare una punizione a Santino, che aveva vinto contro il volere del suo capo che aveva scommesso su Buffalo Bill. E così Rosa e Santino sono costretti alla fuga.

Testa o Croce? inizia con immagini in bianco e nero, quelle che documentano il Buffalo Bill Show come se fosse stato filmato con il cinema dei primordi. Una volta finito lo show, ci troviamo in un mondo a colori, su varie tonalità di azzurro. E poi ci troviamo coperti da tinte oscure, durante la fuga in una palude, che sembra uno scenario fantasy, una fiaba nera. Poi, a tratti, eccoci in uno scenario onirico. Tutto il film è una serie di cambi di tono e di svolte, ma comunque racchiuse in uno stile coeso e deciso. E poi ci sono cose che non ti aspetti in un western. Come quella macchina da presa che si ferma sugli oggetti, sugli elementi della natura, sugli animali.

Suora, puttana o sposa. Questo diceva a Rosa la madre, solo una di queste cose poteva essere una donna a quel tempo. Rosa sceglierà di essere altro, di non essere niente di questo. Man mano che procede, il film diventa la stori dell’emancipazione di una giovane donna. “Non permetterò a nessuno di trattarmi come vuole” dice Rosa a un certo punto. Ed è un discorso che rende il film attualissimo.

Rosa è interpretata da Nadia Tereszkiewicz, occhi blu enormi, mascella volitiva, zigomi alti, e una bocca che sembra disegnata da un artista. Il volto, per esigenze di copione, qui è costellato di lentiggini, e i capelli sono di un rosso luminoso e ricci, un omaggio alla Claudia Cardinale di C’era una volta il West.  Alessandro Borghi ha i capelli arruffati, la barba lunga incolta, e quegli occhi che non possiamo spiegarvi. Il suo personaggio, che viene creduto un eroe suo malgrado, sembra uno di quei tipici caratteri della Commedia all’Italiana, certi uomini un po’ meschini e codardi, che si muovono per convenienza.

Ed è anche lui a riportarci verso un altro dei significati del film, il rapporto tra vero e falso. Se lo show di Buffalo Bill è uno spettacolo di finzione che riproduce la realtà, che ripete in ciclostile le sue imprese accadute un tempo (e non è forse un antesignano del cinema?), anche quella di Santino è una messinscena, perché si fa passare per l’eroe che ha ucciso il ricco nobile e diventa un simbolo della rivoluzione contro l’Unità d’Italia, mentre è tutt’altro e le cose non sono andate così. Testa o Croce? vuole dirci, con un film ambientato più di un secolo fa, tutto quello che vediamo oggi. Che ciò che ci appare vero non lo è, che basta poco per far credere agli altri quello che non si è.

E il discorso diventa ancora più ampio, e ancora più attuale, se lo allarghiamo all’idea di America che Buffalo Bill porta in giro per il mondo e cerca di vendere agli altri. Buffalo Bill è l’America che si autoproclama simbolo di libertà. “L’America dà la possibilità a tutti di avere una vita migliore e a ogni uomo e donna di avere libertà d’azione. L’America è la terra della libertà”. Il famoso cowboy lo faceva alla fine dell’Ottocento. Ma i media e le opere artistiche ci hanno venduto questa immagine per decenni, fino ad oggi. Che terra di libertà l’America non è più. Testa o Croce? è intrigante anche in questo senso.

I suoi autori lo hanno definito un anti-western. E la definizione di Testa o Croce? è perfetta. Perché il film prende i canoni e gli stilemi del genere, li destruttura e li rimonta in qualcosa di completamente nuovo. Da genere tipicamente maschile diventa un racconto al femminile, da genere epico e glorioso diventa un film sulla vanagloria e la finzione. Non è un film sulla forza ma sulla fragilità e sui sentimenti. Il film di Rigo de Righi e Zoppis è western, ma è anche storia d’amore, Commedia all’Italiana e commedia sentimentale della Guerra dei Sessi degli Anni Quaranta. Ci sono Sergio Leone, Scorsese, un tocco del grottesco in stile Fratelli Cohen e un momento onirico alla David Lynch. E anche un colpo di scena hitchcockiano poco dopo la metà del film, che giunge inaspettato. Da lì in poi il film diventa qualcos’altro. Ma ve lo lasciamo scoprire da soli. Perché il bello del cinema è anche questo.

di Maurizio Ermisino

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